Docenti delle scuole e delle università, studenti, ricercatori, personale delle accademie, e anche lavoratori dei conservatori e del personale Ata si sono uniti per uno sciopero che ha criticamente colpito il comparto dell’Istruzione e della Ricerca. Stabilito da Flc Cgil, questo evento di protesta ha attirato l’attenzione su questioni fondamentali che riguardano il presente e il futuro dell’istruzione in Italia. Visibili e determinati, i manifestanti hanno portato con sé striscioni e cartelli che esprimono la loro insoddisfazione, tra cui uno che recita “Valditara bocciato”, aggiungendo sapore a una giornata di impegno e partecipazione.
Il gruppo di manifestanti si è radunato sulle scale del ministero, un luogo simbolico che ospita decisioni fondamentali per l’istruzione italiana. Nonostante il titolo del ministero contenga la parola “Merito”, i partecipanti sono decisi a dimostrare che questa etichetta è una mera illusione. Con un megafono in mano, alcuni di loro hanno dichiarato a gran voce che oggi si oppongono fermamente all’idea di “merito”, sostenendo che la realtà parla chiaro attraverso i numeri e le affermazioni che contraddicono tali promesse. Indossando costumi a tema Halloween, il tono della protesta è stato, in parte, ironico ma carico di significato: “Dolcetto o scherzetto. Solo scherzi pessimi nella manovra!” ha cridato una docente, vestita da strega. I suoi appunti sul cartello non lasciano spazio a fraintendimenti, mettendo in evidenza i tagli previsti e il blocco del turnover, ovvero della possibilità di sostituire il personale negli ambiti scolastici, universitari e di ricerca.
Nella battaglia per i diritti, le ragioni dietro questa mobilitazione sono concrete e sentite. “Un contratto giusto e un lavoro stabile” sono gli slogan che riecheggiano tra le frasi di protesta. Questi temi rappresentano un’urgenza non più procrastinabile per chi lavora nel settore, dove la precarietà è una realtà dilagante che consuma energie e talenti. Con 40 città italiane coinvolte in manifestazioni e flash mob, ciò che è iniziato a Roma è solo la punta dell’iceberg. Sotto la superficie c’è un malcontento radicato che chiede ascolto e azione. Il malcontento degli operatori del settore è palpabile, i manifestanti sono decisi a non abbandonare la lotta finché le loro rivendicazioni non riceveranno l’attenzione che meritano. Stanno lottando non solo per il loro presente, ma per garantire un futuro migliore per le generazioni a venire. Quindi, questo sciopero non è solo una battaglia per diritti lavorativi; è una manifestazione di speranza e determinazione per un sistema educativo che funzioni e che valorizzi tutte le competenze.
Ma perché questo sciopero è così significativo? In un periodo in cui l’istruzione dovrebbe rappresentare il pilastro di qualsiasi società, i segnali di allerta mostrano che le risorse vengono tagliate e le promesse rimangono disattese. L’istruzione in Italia sta affrontando sfide sempre più complesse, e la mancanza di supporto finanziario, unita alla precarietà per i lavoratori, crea non solo disagi immediati ma ha anche ripercussioni a lungo termine sul nostro sistema educativo. In questo caldo panorama, è evidente che il desiderio di un cambiamento è palpabile. Gli educatori, gli studenti e tutto il personale associato all’istruzione chiedono una riforma radicale, non solo per migliorare la loro condizione, ma anche per garantire che il futuro sia luminoso e fertile per affermare il potenziale degli studenti stessi. Quello di oggi è quindi un grido di allerta che richiede ascolto e azione da parte di chi, al governo, ha il potere di cambiare il corso degli eventi. L’istruzione deve tornare al centro dell’agenda politica.