La pirateria online ha segnato la storia del web, creando un panorama in cui la condivisione illecita di contenuti è diventata una prassi comune per molti. Siti iconici come Megaupload, The Pirate Bay e KickAssTorrents hanno attratto milioni di utenti, ma non senza suscitare l’ira dei detentori dei diritti. In questo articolo, esploreremo i momenti salienti e le vicende legali che hanno portato alla chiusura di alcuni dei più noti siti di streaming illegali. Un viaggio tra successi e fallimenti, in un mondo dove la lotta tra pirati e autorità è un eterno gioco del gatto e del topo.
Megaupload e Megavideo, due nomi che riecheggiano ancora nella memoria collettiva di chi frequenta il web da anni. Megaupload, in particolare, era una sorta di gigante dei file hosting. Pensateci: oltre 150 milioni di utenti registrati che caricavano e condividevano contenuti di ogni tipo, da film a musica, da software a giochi. Si stima che il sito generasse quasi il 4% del traffico internet globale. Eppure, nel 2012, l’egemonia di Kim Dotcom, il fondatore, si infranse quando venne arrestato in Nuova Zelanda per ordine delle autoritá statunitensi. Le accuse? Violazioni di copyright che avrebbero causato perdite stimate in oltre 500 milioni di dollari. Ma la storia non finisce qui! La risposta all’arresto fu esplosiva: il gruppo hacktivista Anonymous lanciò attacchi cibernetici contro vari siti governativi, tra cui quelli dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia. Nonostante tentativi di riattivazione, come quello del 2017, Megaupload sembra ormai un ricordo difficile da recuperare.
Chi non ha mai sentito parlare di The Pirate Bay? Fondato in Svezia, questo sito ha sfidato ogni aspettativa di chiusura e censura. Utilizzando il protocollo BitTorrent, TPB ha permesso a milioni di utenti di condividere file di ogni genere. Anche se il decreto di chiusura è arrivato in molti paesi, Italia inclusa, il sito ha adottato vari espedienti per continuare a sopravvivere nel cyberspazio, cambiando dominio e aggirando blocchi imposti. Nel 2008, per esempio, il governo italiano impose un divieto, ma The Pirate Bay non si lasciò fermare. Nel 2010, anche un’azione legale non riuscì a debellare il sito. La sua continua esistenza è un simbolo della resilienza della pirateria online, un faro per tanti utenti in cerca di contenuti gratuiti e accessibili. Nonostante le battaglie legali e le difficoltà, TPB è ancora attivo, rendendolo uno dei siti di pirateria più longevivi della storia.
KickAssTorrents, conosciuto semplicemente come KAT, è un’altra pietra miliare nel mondo della pirateria online. Nato nel 2008, il sito ha rapidamente guadagnato popolarità, diventando uno dei più visitati al mondo. Nel 2016, però, colpito da un’accusa da parte delle autorità statunitensi, KAT vide sequestrare il suo dominio. Alcuni ex membri del team non si arresero e crearono un nuovo sito, riprendendo il nome KAT. Nel 2014, KAT superò The Pirate Bay in visite, dimostrando che la comunità attorno a questo portale era incredibilmente fedele. Nel 2020, però, il sito risultava offline, lasciando un vuoto incolmabile tra gli utenti. Nonostante i suoi alti e bassi, la storia di KickAssTorrents è un esempio perfetto di come la passione degli utenti possa spingere a trovare alternative anche dopo una chiusura ufficiale.
Napster, un nome che evoca ricordi nostalgici per chi ha vissuto l’avvento del file sharing negli anni ’90. Fondato nel 1999, il servizio di Napster ha aperto la porta alla condivisione di musica tra gli utenti, rivoluzionando il modo di ascoltare canzoni. Tuttavia, nel 2000, la band Metallica decise di prendere una posizione fermamente contraria, avviando una causa legale che ribaltò le sorti del sito. Nel 2001, un giudice ordinò la chiusura di Napster. Ma la sua eredità continuò: Bertelsmann AG acquistò il marchio nel 2002, trasformandolo in un servizio di streaming. La fine di Napster come lo conoscevamo non segnò la sua morte, bensì un’evoluzione, testimoniando come anche dalle ceneri della pirateria possano nascerne nuove opportunità.
Rojadirecta ha occupato un posto di rilievo nel panorama dei siti di streaming sportivo, offrendo eventi in diretta, prevalentemente di calcio. Nel 2013, però, il sito fu nel mirino di Mediaset, che avanzò istanze legali per la violazione dei diritti di trasmissione. La sera del sequestro fu un vero colpo per tanti appassionati sportivi italiani, dato ch’era una delle poche fonti per seguire eventi sportivi gratuitamente. Anche se il sito fu oscurato e condannato a risarcire Mediaset con oltre 500.000 euro, Rojadirecta riuscì a trovare modi per aggirare i blocchi imposti. Solo un paio d’anni dopo, nel 2018, sembrò cessare ufficialmente le sue attività. La sua storia è emblematica di quanti tentativi abbiano dovuto affrontare i vari operatori del web per contrastare le restrizioni legali nel settore dello streaming.