Di Gregorio svela: “Inter? Nessun rancore, ho trovato il mio posto alla Juve dopo aver perso mio papà a 13 anni”

Michele Di Gregorio, il portiere della Juve, sta per affrontare una delle sfide più attese della stagione: quella contro l’Inter. Cresciuto nelle giovanili del club nerazzurro, ha anticipato le sue riflessioni in un’intervista a Repubblica. La sua carriera prende una piega interessante e il confronto con il passato è solo il punto di partenza di una narrazione avvincente.

Quando Michele Di Gregorio parla della sua esperienza con l’Inter, ricorda con affetto e dolcezza gli anni trascorsi nel settore giovanile. “Ho vinto lo scudetto Primavera con l’Inter,” dice. Per lui, quel trionfo era solo l’inizio di un sogno che sembrava però destinato a un rallentamento. Quando giunsero le prime proposte professionali, si trattava solo di offerte per il campionato di C. Questo lo portò a una profonda riflessione. “Ho dovuto analizzare tutto a fondo,” continua, “e capire che non stavo svalutando me stesso. Non è mai semplice riconoscere il proprio valore, soprattutto in momenti come questi.” Michele sapeva che la sua carriera sportiva richiedeva di passo dopo passo. Dalla primavera, dove il talento veniva affinato, si stava preparando per affrontare il grande salto, ma doveva farlo un passo alla volta, come un costruttore che edifica mattoncino dopo mattoncino.

Quando è giunto il momento di lasciare il suo club di gioventù, le emozioni lo hanno travolto. La strada verso il professionismo è stata irta di ostacoli, ma ogni scelta lo ha avvicinato a realizzare i suoi sogni. E sebbene sia stato un passaggio difficile, ogni incertezza ha contribuito a forgiare il portiere che oggi tutti conoscono.

Passato nerazzurro: formazione e crescita

“Ci sono arrivato che non avevo ancora 7 anni e l’ho lasciata che ne avevo quasi 19,” chiarisce Michele, e con queste parole rivela l’importanza di una crescita che va ben oltre il campo da gioco. La sua esperienza con l’Inter è stata una palestra di vita, ricca di insegnamenti. Per lui, gli educatori hanno avuto un impatto decisivo. “A quell’età, è difficile capire cosa significhi sacrificarsi,” spiega, “quando i tuoi amici vanno in gita o iniziano a uscire.”

L’aspetto educativo ha rappresentato un fondamentale per il suo percorso. La sua transizione nel mondo professionale, passando a un contesto con giocatori ben più maturi, è stata un’altra sfida. “Entrare in uno spogliatoio di C, dove il confronto è con uomini che devono guadagnarsi da vivere,” dice, “è stato un cambiamento radicale. Ho appreso che il calcio è una questione di vita o di morte per alcune persone, che hanno famiglie da mantenere.” La sua carriera è stata costellata di momenti significativi, e il periodo al Avellino, dove la squadra ha fallito quando lui era lì, ha avuto un peso fondamentale per la sua formazione professionale.

Nessun rancore: riconoscenze e amicizie

Con un passato così ricco, urge soffermarsi su sentimenti e legami. Michele Di Gregorio non porta rancore verso l’Inter. Anzi, ricorda: “L’Inter mi ha supportato moltissimo, in particolare quando ho perso mio padre a 13 anni.” Un sostegno mai dimenticato, che dimostra quanto lo sport possa andare oltre il mero gioco. Tornare a vestire la maglia nerazzurra non è mai stata una sua reale aspettativa. “Se fosse successo, avrei voluto farlo in maniera ufficiale, dalla porta principale,” afferma, chiaro e deciso nel suo pensiero. Spesso le vie del calcio sono imprevedibili, ma per Michele il rispetto per il club è profondo e senza tempo.

Tifoso interista e sogni di carriera

Se si pensa alla sua storia, si potrebbe immaginare che la passione per una sola squadra sia un obbligo. Ma Michele si distingue. “In famiglia eravamo milanisti,” rivela. La sua ammirazione è andata oltre le rivalità, abbracciando i talenti di grandi calciatori, da Kakà a Zanetti, da Buffon a Handanovic. “Ho sempre avuto il massimo rispetto per i giocatori,” continua, “non capisco perché dovremmo odiare qualcuno solo per la maglia che indossa.” Questo approccio aperto e sincero lo ha portato a crescere non solo come calciatore, ma anche come persona. Allenarsi con Handanovic è stato per lui un sogno che s’è avverato e i consigli ricevuti sono stati per Michele un dono prezioso.

Cosa dirà della Juve nella prossima sfida

Infine, la grande attesa è per la sfida contro l’Inter. Michele riflette sulla sua attuale squadra. “Non credo che questa partita dirà chi siamo realmente,” spiega. Aggiungendo spunti importanti, Michele chiarisce che la Juve è un team nuovo, e che, inevitabilmente, serve tempo per trovare una vera identità. Ogni passaggio sarà cruciale affinché la squadra possa crescere e migliorare. La sfida in arrivo non sarà solo una gara di calcio, ma un momento per testare il loro progresso e la coesione del gruppo. E le parole di Michele risuonano forti, un chiaro segnale di quanto ci tenga a costruire un futuro luminoso per la sua esperienza alla Juve.

Published by
Ludovica Rossi