Un’analisi recente ha rischiarato l’ombra dei contaminanti che può aleggiare sulle acque minerali imbottigliate. In un test effettuato in Svizzera, sono emerse tracce di pesticidi, microplastiche e PFAS in alcune delle marche più conosciute. Questi dati stimolano una riflessione sulla qualità dell’acqua che beviamo quotidianamente. Anche se i livelli riscontrati sono risultati essere sotto i limiti considerati nocivi, le implicazioni di tali scoperte potrebbero avere un impatto sul nostro modo di considerare l’acqua in bottiglia.
Dallo studio condotto in Svizzera sono emerse notizie che potrebbero sorprendere molti consumatori. È stato esaminato un campione di dieci diverse marche di acqua minerale, e i risultati non sono stati del tutto rassicuranti. Quattro di queste marche hanno presentato la presenza di sostanze non desiderate, come microplastiche, residui di pesticidi e PFAS. Questi contaminanti, spesso associati a problematiche ambientali, destano preoccupazione, anche se i livelli individuati non sono risultati critici per la salute umana.
La qualità dell’acqua minerale è normalmente ritenuta un standard elevato, visto che proviene da sorgenti controllate. Tuttavia, i residui chimici provenienti dall’attività umana possono trovarsi nella nostra acqua, risucchiata nelle falde acquifere e quindi nelle bottiglie che scegliamo di acquistare. Secondo un rapporto da RTS e Kassenrutsch, i campioni mostrano che, sebbene sei su dieci acque testate siano risultate completamente pure, ci sono ancora delle marche note che hanno rivelato problematiche di contaminazione. Tra queste, Valser, San Pellegrino, Swiss Alpina e Henniez hanno mostrato la presenza di queste sostanze, con tracce riscontrate a diversi livelli.
Entrando nel merito dei risultati, si scopre che la marca Valser ha evidenziato un tipo di PFAS, noto come PFBA, che è particolarmente persistente nell’ambiente e potrebbe essere legato a effetti potenzialmente dannosi per la salute. Coca-Cola, che detiene Valser, ha comunicato che è in atto un monitoraggio continuo dei PFAS e ha rassicurato i consumatori sul fatto che i livelli riscontrati non costituiscono una minaccia immediata.
San Pellegrino, celebre per le sue bollicine, ha mostrato tracce di microplastiche. Si ipotizza che queste possano derivare da bottiglie in PET durante le fasi di produzione o dall’imballaggio. È significativo sapere che i materiali utilizzati per fabbricare il contenitore possano avere un impatto diretto sulla purezza del prodotto in vendita. La marca Swiss Alpina ha rivelato la presenza di polistirolo, una sostanza che potrebbe essere il retaggio di tappi o attrezzature di imbottigliamento.
Henniez, invece, ha mostrato tracce di clorotalonil e cloridazon, composti chimici usati in agricoltura come fungicidi e diserbanti. Pur essendo il clorotalonil vietato in Svizzera dal 2020, i resti di sostanze chimiche come queste possono ancora essere rintracciati nelle fonti d’acqua. Le dichiarazioni degli esperti avvertono che non esistono limiti chiari per le microplastiche, poiché non c’è certezza su quante di esse possano nuocere alla salute umana a lungo termine.
Con tutto ciò che è emerso dallo studio, ci sono alcune raccomandazioni interessanti per i consumatori. Il tossicologo Davide Städler suggerisce di non riutilizzare le bottiglie in PET, dato che ciò potrebbe incrementare il rischio di contaminazione. Inoltre, è fondamentale che i produttori prestino particolare attenzione alla qualità dell’acqua e ottimizzino i processi di imbottigliamento al fine di prevenire l’introduzione di microplastiche e altre sostanze inopportune.
Le indagini rivelano un quadro di affidabilità, ma anche di vulnerabilità nel mondo dell’acqua imbottigliata. La consapevolezza sta diventando cruciale: la prossima volta che aprirete una bottiglia d’acqua, forse vi fermerete a pensare a ciò che essa potrebbe contenere oltre al semplice H2O.